Generatore casuale di micro-impronte digitali ed etichette non clonabili

Università della Calabria

Risultato della ricerca:

La contraffazione di alimenti, farmaci e beni di lusso, è in continuo aumento. Molti dei sistemi anticontraffazione oggi utilizzati, come etichette basate su coloranti fluorescenti, ologrammi, codici oppure tag molecolari, sono relativamente facili da duplicare e, dunque, poco efficienti per via della loro bassa complessità. Per questo motivo c’è una crescente richiesta di nuovi sistemi anticontraffazione che siano impossibili da clonare.

Una delle soluzioni più innovative proposte per questo problema è rappresentata da sistemi contenenti chiavi PUF (Physical Unclonable Functions – funzione fisica non riproducibile). Una funzione fisica non clonabile è una rappresentazione fisica di una chiave crittografica ed è impossibile da clonare persino per il produttore stesso, poiché generata attraverso processi casuali. L’invenzione proposta si colloca tra le soluzioni volte a soddisfare questa richiesta di dispositivi anticontraffazione creati con processi casuali.

La ricerca effettuata ha portato all’individuazione di un modo semplice ed efficace per creare delle piccole sfere, dalla dimensione inferiore al decimo di millimetro, che esibiscono al loro interno una struttura simile a quella delle impronte digitali quando osservate attraverso un microscopio ottico. Le impronte digitali artificiali generate sono simili se non superiori in termini di codifica a quelle umane, ossia presentano le caratteristiche minutiae: un insieme di linee parallele che possono intersecarsi tra loro o interrompersi e che presentano punti caratteristici quali terminazioni, biforcazioni, triforcazioni, speroni, incroci che le rendono uniche e distinguibili.

L’invenzione proposta è realizzata a partire da una goccia di materiale liquido cristallino confinato all’interno di una matrice liquida immiscibile. Agitando meccanicamente la sospensione si creano nella matrice liquida un insieme di microsfere, ciascuna delle quali, in seguito all’applicazione di un campo elettrico, esibisce una struttura simile ad una impronta digitale. Poiché il processo di creazione è casuale, ogni microimpronta artificiale è unica e irriproducibile. Tale struttura può essere stabilizzata e resa permanente nel tempo. L’utilizzo di materiali liquido cristallini offre il notevole vantaggio di poter facilmente variare la quantità di minutiae presenti in ciascuna microimpronta e, inoltre, il livello di complessità può essere aumentato aggiungendo altre proprietà alle microsfere come, ad esempio, la fluorescenza.

Un sistema di questo tipo è un ottimo candidato per la realizzazione di un dispositivo anticontraffazione di facile produzione e semplice da rilevare utilizzando i software biometrici già disponibili per il riconoscimento delle impronte digitali umane. Con questo tipo di approccio, è possibile garantire il processo di identificazione e verifica di un prodotto dal produttore fino al consumatore finale lungo tutta la supply chain.

Riferimento a finanziamenti precedenti:

La ricerca non è ancora stata oggetto di finanziamenti specifici ed è stata sviluppata con risorse interne del gruppo di ricerca.

Innovatività rispetto a soluzioni già esistenti:

Uno degli approcci più interessanti per la realizzazione di chiavi PUF è quello basato su tessiture complesse simili alle impronte digitali. In letteratura sono riportati alcuni casi in cui i ricercatori hanno realizzato questo tipo di tessiture e ne hanno proposto l’utilizzo in dispositivi anticontraffazione.

Nel 2012, usando cristalli liquidi fotopolimerizzabili, Nakayama e Ohtsubo ottennero una tessitura simile ad una impronta digitale, generata in maniera casuale e stabile nel tempo, racchiusa su un’area di superficie di qualche centimetro quadro [Optical Engineering 2012, 51, 040506-1].

Nel 2015 Bae e collaboratori mostrarono come fosse possibile ottenere impronte digitali artificiali uniche, lasciando asciugare microparticelle polimeriche di dimensioni micrometriche e a forma di disco racchiuse da uno strato di silica [Advanced Materials, 2015, 27, 2083].

Il sistema qui proposto rappresenta un’innovazione rispetto alle attuali soluzioni per diversi aspetti. La microimpronta artificiale proposta ha una trama molto più simile ad una impronta digitale umana rispetto ai casi sopra riportati. Le caratteristiche fini della trama possono essere aumentate o diminuite a piacere utilizzando i materiali liquido cristallini individuati. Inoltre, aumentando la dimensione delle microsfere e il numero di caratteristiche fini oppure, aggiungendo coloranti fluorescenti o nanoparticelle metalliche per ottenere proprietà ottiche uniche, il livello di codifica può essere incrementato a dismisura.

Infine, poiché le microimpronte digitali proposte sono estremamente nette e prive dell’anisotropia tipica delle impronte digitali umane, il sistema di lettura è di facile implementazione, in quanto non richiede strumentazione sofisticata. In questo modo si abbattono i costi per la fase di analisi e si semplifica l’intero processo di lettura e riconoscimento, a tal punto che lo stesso consumatore potrà verificare l’autenticità del prodotto.

Titoli di proprietà intellettuale:

È stata inoltrata la domanda di brevetto n. 102018000009886, dal titolo “Micro-fingerprint fotoniche come dispositivi anticontraffazione”. Al momento è in corso un’interlocuzione con il valutatore dell’EPO.

Principali applicazioni e mercato di riferimento:

I campi di applicazione del dispositivo in oggetto sono numerosi. La sua alta riproducibilità ed unicità, uniti ai bassi costi di produzione, rendono possibile l’applicazione su etichette per qualsiasi tipo di prodotto. Alcune delle tecniche concorrenti oggi disponibili escludono per il loro costo l’utilizzo su beni di basso valore economico, che, però, se contraffatti, rappresentano un enorme pericolo per la salute del consumatore e per la sopravvivenza di aziende. Ad esempio prodotti quali cibi, bevande, farmaci non sono protette da etichette anticontraffazione con una sufficiente efficacia. A tale scopo, il nostro sistema può essere invece applicato sulle confezioni di alimenti di qualsiasi natura e bevande di ogni genere, ad esempio integrando il tag direttamente nell’etichetta del prodotto. In questo modo non si altera l’estetica della confezione e si garantisce una protezione di livello superiore rispetto a quelle disponibili oggi.

La presente invenzione può essere anche utilizzata nel packaging, per il quale c’è un’elevata richiesta di dispositivi di questo genere. Non è raro che i pacchi vengano spesso sostituiti da falsi all’interno di depositi, allo scopo di rubare un prodotto, e non ci sono  modi davvero efficaci per proteggere il consumatore da questo genere di frodi.

Un altro campo di applicazione sono i beni di lusso, come gioielli o opere d’arte, per i quali è possibile sfruttare diversi livelli di codifica, come precedentemente descritto. Anche i documenti, come passaporti, carte d’identità, patenti possono essere marchiati da questo genere di tag/etichette. Oggigiorno è diventato molto difficile distinguere un documento falso da uno vero, perciò è necessario tutelare l’identità delle persone sfruttando sistemi migliori di quelli esistenti. La nostra invenzione è un ottimo candidato anche in questo settore. L’applicazione di uno o più tag con uno o più livelli di codifica, renderebbe difficile se non del tutto impossibile la realizzazione di documenti falsi.

Le strategie anticontraffazione ad oggi utilizzate non riescono a prevenire e neanche a limitare un fenomeno che secondo un recente studio stima una perdita economica di almeno 100 miliardi di Euro all’anno nella sola Unione Europea. A livello globale, nel 2008, il governo degli Stati Uniti ha stimato il valore di mercato dell’industria contraffatta a 500 miliardi di dollari con un tasso di crescita del 1,7 % negli ultimi 10 anni. Oltre all’evidente grave danno per le aziende, che si riflette nella perdita di posti di lavoro, anche i consumatori possono essere danneggiati utilizzando prodotti di qualità inferiore. Questo danno può essere minimo traducendosi in una perdita economica di pochi euro o nelle prestazioni deludenti del prodotto oppure può essere importante e causare gravi lesioni al benessere fisico come nel caso di alimenti e farmaci contraffatti.

Inoltre, ad esempio, è noto che nell’industria meccanica ed elettronica l’utilizzo di prodotti contraffatti generalmente finisce col causare enormi costi di riparazione e manutenzione. La certificazione di parti originali può contribuire alla riduzione dei costi di manutenzione riducendo l’utilizzo di componenti inappropriati. È, dunque, necessario lo sviluppo di nuovi sistemi anticontraffazione. Le microimpronte digitali artificiali sono ideali per essere impiegate in dispositivi anticontraffazione. Essendo di piccole dimensione sono difficilmente rilevabili ad occhio nudo e possono essere facilmente nascoste all’interno o all’esterno dell’oggetto che si vuole proteggere. Le singole microsfere o agglomerati di esse possono essere utilizzate per l’autenticazione di documenti quali, ad esempio, i passaporti, le carte d’identità o le licenze di guida oppure per l’autenticazione di prodotti di commercio quali monili o orologi. Racchiudendo le singole microsfere o gli agglomerati in film realizzati con materiali biocompatibili ed adatti al packaging, potrebbero essere utilizzati per proteggere alimenti o prodotti quali tabacchi o capi di abbigliamento.

Esigenze per l’ulteriore sviluppo – Industrializzazione:

Per il sistema proposto individuiamo due fasi di sviluppo: l’ingegnerizzazione del dispositivo e la validazione di questo in una prova su scala pilota.

  1. Le microimpronte digitali artificiali possono essere incapsulate in una etichetta contenente una o più di esse distribuite in maniera casuale. Nella fase di ingegnerizzazione del dispositivo, dovrebbero essere realizzate un numero consistente di etichette e le microimpronte contenute dovrebbero essere raccolte e immagazzinate in un database. Inoltre, dovrebbe essere creato un piccolo dispositivo di lettura che utilizzasse magari uno smartphone unito ad una lente di ingrandimento. Le immagini acquisite con lo smartphone dovrebbero essere paragonate in tempo reale con quelle presenti nel database tramite una applicazione realizzata per esempio su sistema operativo Android. Il sistema dovrebbe essere ottimizzato per fornire una identificazione dell’etichetta in tempi brevi.
  2. A seguire questa prima fase, una volta ingegnerizzato il dispositivo, dovrebbe essere eseguito un test pilota utilizzando le etichette. In un primo approccio l’etichetta potrebbe essere apposta alla scatola contenente il prodotto da tracciare. Si propone un controllo su un numero di oggetti dell’ordine del migliaio per testare l’efficacia del protocollo di identificazione delle etichette. Questo consentirebbe un’immediata verifica della scala su cui il dispositivo può essere utilizzato. Una azienda di prodotti locali diffusa sul territorio regionale potrebbe fornire le giuste condizioni per questa verifica.

Codice:

0120

Area di Innovazione:

Agroalimentare